Disperate profezie sulla società, sulla politica e sull’informazione
Per Wahlöö - “Delitto al trentunesimo piano, Einaudi”
E’ uscito da poco per Einaudi un romanzo “da solista” di Per Wahloo, lo scrittore svedese che con la moglie Maj Sjowall si vuole abbia inventato il cosiddetto “giallo procedurale” e ha sfornato tra i ’60 e i ‘70 i famosi dieci romanzi con protagonista l’ispettore Martin Beck recentemente rilanciati da Sellerio.
Questo romanzo del 1964, antecedente alla saga di Beck, è se possibile ancor più livido e disperato riguardo la situazione della società svedese, e anzi si inscrive nel solco dei romanzi di politica futuribile (ovviamente capeggiati da 1984).
In questo futuro prossimo, la società svedese (evidentemente sotto la guida della socialdemocrazia che Sjowall e Wahloo sferzeranno così godibilmente nella saga di Beck) ha raggiunto lo status di “società della concordia”, dove tutti i problemi materiali sono stati risolti da un welfare quasi spietato.
Al centro di questa società c’è un potentissimo gruppo che ha monopolizzato l’informazione costruendo un mondo idilliaco e fasullo per i cittadini, i quali quando si risvegliano dall’incanto si ritrovano come unici sfoghi l’alcolismo e il suicidio.
Plotoni di ubriachi vengono portati ogni notte nei commissariati, e comunque l’ubriachezza per le strade aumenta costantemente, anche se il governo ha vietato il consumo di alcolici persino nelle case private, riscuotendo al contempo enormi introiti sia dalle tasse sugli alcolici che dalle multe per ubriachezza.
I moltissimi suicidi, d’altro canto, vengono sistematicamente nascosti o fatti passare per incidenti. Un memo interno del gruppo recita tra l’altro “la verità è una merce che va trattata con estrema cura nel giornalismo moderno…il tuo compito è di intrattenere i nostri lettori, di stimolarli a sognare…non è scioccare, istigare o inquietare, nemmeno risvegliare o educare!” L’indagatore stavolta si chiama Jensen, se possibile ancor più monocorde e disincantato di Beck e senza la sua ironia, e si trova subito una brutta gatta da pelare: una lettera anonima annuncia l’imminente esplosione di una bomba ad alto potenziale nella “Casa”, un gigantesco
grattacielo di trenta piani che ospita il gruppo di comunicazioni di massa monopolistico nel paese. La lettera sembra scritta da un dipendente, e l’esplosione dovrebbe essere una punizione per un “omicidio” commesso. Il problema appare subito quello dell’evacuazione dell’immenso edificio nel quale lavorano più di quattromila persone.
Ma più che la trama qui preme rilevare, oltre all’altissima suspense mantenuta sino all’ultima pagina e al finale spiazzante, gli spettacolari scorci di “fantapolitica”, che purtroppo, come troppo spesso accade, sembrano cronache dell’oggi. “Prima della soluzione finale sulla concordia sociale, la pubblicazione dei giornali era molto più frammentata (…) i partiti politici e i movimenti sindacali avevano le proprie case editrici.
Però man mano che questi giornali finivano in difficoltà economiche, sono stati chiusi oppure rilevati dal gruppo”…”grazie all’abilità di donare ai lettori la pace interiore e la sicurezza. L’abilità di essere comprensibili e semplici, adatti al gusto dell’uomo di oggi”… Il gruppo stampa 144 riviste, tutte sostanzialmente uguali, che ragguagliano su automobili e persone altolocate (mancano solo gli i-phone…); i temi affrontati spesso sono relativi a “programmi televisivi di intrattenimento dove qualcuno aveva bestemmiato” (e qualcuno pensa che i reality siano un’innovazione…). Addirittura, “le partite di calcio ormai venivano trasmesse soltanto in Tv. Si giocavano senza pubblico in grandi studi televisivi riscaldati. Le squadre erano formate da giocatori ingaggiati a tempo pieno, tra i quali molti stranieri”. Il
passaggio dagli stadi agli studi televisivi riscaldati è fulminante e sinistramente attuale… Un giornalista interrogato da Jensen ricorda come sia nata questa “società della concordia”: in un periodo in cui il socialismo “aveva superato la lunga crisi ed era riuscito a unire le persone…a renderle più libere”, i settori più radicali dell’informazione si erano addormentati sugli allori e avevano cominciato a ritenere il socialismo addirittura superfluo, e fu proprio “il partito” a “cambiare programma”, eliminando “le parti che si stimava potessero minacciare la concordia” e permettendo l’emergere di una “morale reazionaria”.
Ma ovviamente la profezia più apocalittica è proprio l’esistenza del trentunesimo piano, un piano che ufficialmente non esiste, dove gli ascensori non arrivano e dove lavora il misterioso “reparto speciale”. In questo reparto il gruppo ha concentrato e sostanzialmente imprigionato i giornalisti più valenti, polemici e riottosi di tutto il paese, illudendoli di lavorare a una prestigiosa rivista indipendente che però deve rimanere top secret finché non raggiungerà il livello di qualità prefissato dal gruppo. I malcapitati, allettati da contratti apparentemente vantaggiosi e dal miraggio di poter finalmente scrivere di qualsiasi cosa, cadono in trappola. E’
questo l’”omicidio” commesso, un omicidio intellettuale e culturale, di idee, di opinioni, della libertà di espressione, “omicidio premeditato di primo grado di un intero settore culturale”.
Sarebbe perfino superfluo rimarcare ulteriormente le sorprendenti concomitanze con la situazione attuale in molti paesi e in special modo in Italia; ancora una volta, in letteratura a “predire” male si fa peccato ma si indovina.
Marco Toccafondi