PARTITO della RIFONDAZIONE COMUNISTA
Federazione di Firenze
ELEZIIONI
COMUNALI
2014
APPUNTI PER LE
CONFERENZE
PROGRAMMATICHE
I punti programmatici che seguono non sono il programma definitivo, ma alcuni spunti
per avviare la discussione, fra di noi, con altre forze politiche, con i cittadini.
Questi punti dovranno necessariamente essere arricchiti, modificati, cassati o altro,
soprattutto però dovranno essere “localizzati” secondo le esigenze e le necessità di ciascun
territorio.
La lettura è semplice, ad una breve premessa sull’argomento, segue l’indicazione di alcune
proposte.
Naturalmente saranno disponibili quanto prima degli approfondimenti sui singoli temi,
corredati di dati e altro.
USCIRE DALLA SUBALTERNITA’ AL NEOLIBERISMO PER UN NUOVO
PROTAGONISMO POLITICO DELLE AUTONOMIE LOCALI, RIAPPROPRIAZIONE
DI TUTTI GLI SPAZI, FUNZIONI E SERVIZI PUBBLICI.
Comune: “quel ch’è di più d’uno, di molti o d’ognuno” o ancora “popolo, che si regge con le
proprie leggi”, così il Vocabolario degli Accademici della Crusca dal Boccaccio.
La definizione è antica, ma esprime tuttora in maniera efficace il concetto di comune.
Nondimeno in questi anni abbiamo assistito ad un processo di costante e progressiva
“privatizzazione” di ogni spazio pubblico, così che quello che era di molti è diventato di
pochi, e ciò ha determinato che in una parte rilevante dell’opinione pubblica quello che era
d’ ognuno sia percepito come di nessuno.
Dopo la grande stagione degli anni ’60 e ’70, che aveva visto gli enti locali protagonisti del
cambiamento anticipando spesso la costruzione del moderno stato sociale in Italia, dove
stato delle autonomie e stato sociale corrispondono in grande misura, a partire dagli anni
’90 abbiamo assistito ad un restringimento progressivo degli spazi democratici e di ritirata
del pubblico dalle gestione di settori di grande importanza sociale.
Prima l’elezione diretta dei sindaci e l’introduzione di forme maggioritarie nella
rappresentanza, poi le diverse leggi, a partire da quelle c.d. Bassanini, hanno operato un
gigantesco trasferimento di poteri.
Prima dagli organi assembleari, ormai del tutto esclusi dalla gestione attiva degli enti e
con competenze residuali, agli organi esecutivi, poi dagli organi politici fondati sul
suffragio popolare agli organi tecnico/burocratici, infine dai comuni alle società
partecipate, le quali, soprattutto dopo la trasformazione in società per azioni e l’ingresso
massiccio di soci privati, si sono trasformate da strumenti operativi degli enti in soggetti
pienamente titolari di decisioni strategiche riguardanti la vita di tutti i cittadini in settori
quali: l’acqua, l’energia, i rifiuti, i trasporti, la salute finendo con l’esautorare
completamente i comuni, in primo luogo quelli di dimensioni medie e piccole.
Su questa rinuncia alla propria funzione di rappresentanza democratica dei comuni ha
ripreso forza un nuovo centralismo statale, dopo una lunga stagione in cui il tema del
federalismo era stato proposto in tutte le salse.
Limitazione nella facoltà di assumere e il blocco della contrattazione nazionale nel
pubblico impiego ovvero l’impossibilità di governare la propria attività; finanziarie
punitive e attribuzione ai comuni del ruolo di “gabellieri” ovvero l’impossibilità di
programmare la propria attività per dare adeguate risposte ai bisogni presenti sul
territorio; il cosiddetto patto di stabilità interno ovvero il porre a carico dei comuni gli
oneri (anche e soprattutto di quelli con i conti in ordine) del risanamento della finanze
dello Stato, sono gli aspetti più evidente di questo nuovo centralismo.
Infine la cosiddetta “lotta alla casta”, talvolta assunta in maniera demagogica dai suoi
stessi componenti, ha finito per tradursi in un’altra seria limitazione degli spazi
democratici: diminuzione del numero dei consiglieri, spesso con risparmi ridicoli,
soppressione della elettività (presidente e consiglio) della Provincia, non eliminata bensì
ridotta ad un organo di secondo grado, senza per questo intaccare privilegi e prebende
della vera casta politica (quella perennemente al governo sia pure sotto diverse etichette) o
di quella burocratica dei grandi manager “pubblici” e degli alti gradi militari e della
burocrazia ministeriale e locale.
Noi pertanto proponiamo:
1. Riappropriazione di ogni spazio, funzione e servizio pubblico ora ceduti ai privati.
2. Riaffermazione del ruolo preminente dei comuni nella gestione dei servizi pubblici
locali, rivendicando appieno il diritto ad essere titolari delle grandi scelte
strategiche in materia di politiche finanziarie delle aziende, investimenti e tariffe;
riducendo le aziende a quello che sono ossia strumenti operativi dei comuni per il
soddisfacimento di primari bisogni e di diritti costituzionalmente definiti.
3. In questo senso chiedere a tutti i comuni soci di Publiacqua s.p.a. la stipula di un
patto di sindacato per l’avvio delle procedure di ripubblicizzazione dell’acqua
secondo il mandato ricevuto dagli elettori nei referendum del 2011. A questo
proposito è necessaria l’abrogazione dei vincoli posti dal patto di stabilità interno
per il recupero delle risorse necessarie al riacquisto delle quote detenute dal socio
privato.
4. Netta opposizione alla quotazione in borsa delle società partecipate dai comuni,
sotto qualsiasi forma e denominazione, in quanto ostacolo alla ripubblicizzazione
delle aziende stesse, in primo luogo perché il riscatto delle quote avverrebbe ai
valori del mercato mobiliare, in secondo luogo perché contraddice al concetto di
azienda strumentale dei comuni e subordina la stessa ai vincoli e agli obblighi posti
alle aziende quotate in borsa, vincoli e obblighi di natura prettamente privatistica.
5. Deve essere posta con forza la necessità che gli investimenti nei servizi a rete
debbano tendere al soddisfacimento dell’utenza, in primo luogo quella socialmente
debole o residente in aree deboli, prima della remunerazione del capitale investito;
6. Modifica degli statuti delle aziende partecipate, consortili o di qualsiasi altro tipo,
allo scopo di istituire organi di vigilanza degli utenti (da eleggersi in forma diretta),
il cui parere su questioni dirimenti: investimenti e tariffe, sia obbligatorio e
vincolante quando questo rilevi violazione di diritti fondamentali.
7. Al tempo stesso i sindaci garantiscano attraverso proprie ordinanze la non
sospensione nell’erogazione del servizio, quando si sia in presenza di insolvenza
non colpevole o nel caso di utenze collettive (condominiali) quando qualcuno dei
soggetti interessati risulti moroso, ma gli altri in regola con i pagamenti.
8. Attribuzione ai Quartieri (per Firenze) di maggiori poteri nella gestione dei servizi
di prossimità e rendere obbligatori e vincolanti i pareri del Consiglio di Quartiere
su tutte le materie che interessino la vita stessa del quartiere: programmazione e
dislocazione dei servizi sul territorio, piani urbanistici, del traffico, orari delle
attività commerciali, regolamenti, …; l’obiettivo deve essere quello di trasformare i
quartieri in vere e proprie municipalità in vista dell’istituzione della Città
Metropolitana.
GARANZIA DEI DIRITTI DEI LAVORATORI DELL’ENTE COME GARANZIA DEI
DIRITTI DEI CITTADINI UTENTI, RIAFFERMARE IL PRINCIPIO: “A UGUALE
LAVORO UGUALE SALARIO”.
Spoil system (letteralmente sistema delle spoglie) è un termine, che nel linguaggio politico
americano sta ad indicare quella prassi per cui il vincitore dell’elezione ad una qualsiasi
carica
pubblica: federale, statale o locale che sia, acquisisce il pieno e incontestabile diritto di
assumere nell’amministrazione che preside tutti gli amici e i sostenitori che vuole.
In definitiva il sistema delle spoglie è la facoltà concessa al partito vincente di spartirsi il
bottino degli incarichi e degli impieghi pubblici.
Nonostante che l’articolo 97 della Costituzione preveda che “Agli impieghi nelle pubbliche
amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.”, anche in Italia è
stata introdotta in maniera surrettizia questa prassi, che definire clientelare è un
eufemismo.
Precedentemente il … salvo i casi previsti dalla legge … era essenzialmente previsto a favore
delle categorie protette: invalidi del lavoro, civili o di guerra, orfani di guerra o di servizio,
ecc; in seguito gli artt. 90 e 110 del Testo Unico degli Enti Locali ha ampliato questa facoltà,
in questo caso a tempo determinato, agli uffici di supporto agli organi politici (vulgo
segreterie del sindaco e degli assessori) ed ai dirigenti delle diverse aree, tutto questo in
ragione di un rapporto fiduciario fra queste figure e il politico detentore di una carica
pubblica.
Tuttavia quest’apertura, che potrebbe in tempi normali e in un paese normale avere anche
una ragione d’essere, si è trasformata in un abuso di potere consentito dalla legge.
Emblematico è a questo proposito il caso del Comune di Firenze, nei comuni più piccoli in
realtà il fenomeno è più ridotto, il quale conta 39 addetti agli uffici di supporto agli organi
politici per una spesa complessiva di 2.071.471 euro (tanto quanto 200 posti nido), ma
quello che è più stridente con la condizione di tutto il resto del personale è che questi sono
tutti collocati ai massimi livelli retributivi (7 dirigenti, 9 livelli D3, 22, livelli D1, un solo
livello C!) e di questi 9 ricoprono la qualifica di funzionari giornalisti. Evidentemente il
sindaco e gli assessori del Comune di Firenze hanno molto da comunicare, se per la loro
carica istituzionale o per le loro ambizioni politiche è tutto da verificare.
Al tempo stesso vi sono altri 17 dirigenti a tempo indeterminato, di cui 10 fuori organico.
A fronte di questa situazione sta poi la condizione degli altri dipendenti, impiegati spesso
in delicate mansioni di front line, di contatto e di rapporto con i cittadini in servizi delicati
ed essenziali ed infine la condizione limite di tanti servizi alla persona e al territorio, per i
quali spesso non si trova di meglio che ricorrere alla esternalizzazione del servizio, com’è
nel caso esemplare degli asili nido.
Infine il ricorso all’appalto spesso genera stridenti contraddizioni fra la condizione del
lavoratore pubblico e di quello privato nell’ambito dello stesso servizio su questioni
essenziali come: diritti, salario, orario, garanzia del posto di lavoro, contribuendo così a
creare forti divisioni fra i lavoratori e fra gli stessi e gli utenti.
Pertanto noi proponiamo:
1. In primo luogo di aprire una vertenza con il governo centrale per lo sblocco della
contrattazione nazionale collettiva del pubblico impiego, dato che questa non solo
costituisce un diritto dei lavoratori, ma è anche uno strumento essenziale dei
comuni per il governo della propria macchina organizzativa, nonché una garanzia
per i cittadini per quanto riguarda la qualità dei servizi.
2. Un’altra vertenza va inoltre aperta sulla questione delle limitazioni nell’assunzione
di personale, per garantire soprattutto il turn over nell’ambito di servizi essenziali.
3. Limitare fortemente il ricorso all’appalto di servizi allo stretto necessario derivante
da esigenze organizzative contingenti del particolare servizio, comunque per un
periodo limitato di tempo, non superiore ad esempio ai due anni.
4. Riformulare i capitolati di appalto per opere pubbliche e per i servizi (ribadiamo
per un periodo limitato) in maniera da garantire: occupazione, forme stabili di
lavoro, retribuzione, orario, diritti dei lavoratori, sicurezza nel lavoro per le persone
impiegate anche se dipendenti da altri soggetti, in ogni caso evitare il metodo della
gara al massimo ribasso.
5. Riduzione drastica degli organici degli apparati di supporto agli organi politici,
limitando al massimo il ricorso all’assunzione per chiamata diretta, uguale
riduzione come dei livelli dirigenziali quando questi non rispondano ad evidenti
esigenze di direzione di servizi essenziale la cui necessità sia ampiamente ed
esaurientemente comprovata.
6. Revisione di tutti i regolamenti e di tutta la modulistica comunale, allo scopo di
ridurla ad una comprensibilità tale da renderla interpretabile da tutti, per evitare al
cittadino la necessità di ricorrere se non lo desidera alla mediazione di altri.
7. Stabilizzazione di tutte le forme di lavoro precario nell’ambito dell’amministrazione
e rinuncia ad ogni tipo di prestazione di carattere precario o flessibile, fatti salvi i
casi di evidente necessità: stagionalità, sostituzioni temporanee.
TOGLIERE I VINCOLI DEL PATTO DI STABILITA’ INTERNO, OPERARE
ATTRAVERSO LE POLITICHE DI BILANCIO UNA REDISTRIBUZIONE DEL
REDDITO A FAVORE DEI CETI POPOLARI.
I governi politici e “tecnici”, succedutisi in questi anni, hanno dato vita a una vera e
propria ha redistribuzione dei redditi dal basso verso l’alto, tagliando la spesa pubblica
per il sociale, la scuola, l’università, la ricerca, l’ambiente, ma non intaccando affatto la
spesa veramente improduttiva e gli sprechi: grandi opere, spesa militare e armamenti.
L’attuale governo non si è discostato da questa logica trasversale di piatta obbedienza ai
dettati economico-finanziari della cosiddetta troika : Ue, Bce, Fmi; dettati tesi più a
garantire i capitali finanziari che uno sviluppo sostenibile e la spesa sociale.
Attraverso i meccanismi del patto di stabilità interno gli enti locali sono stati di fatto posti
sotto tutela, negando la loro essenziale funzione democratica, facendo mancare le risorse
necessarie a garantire servizi essenziali proprio quando la crisi colpisce duro e più ci
sarebbe bisogno di interventi di sostegno ai redditi delle classi popolari.
Al contrario, invece di istituire una vera patrimoniale che vada a prendere le risorse là
dove sono, si è inasprita la fiscalità locale con l’Imu, la Tares, la Tasi.
Emblematico è l’analisi degli ultimi 5 consuntivi approvati del Comune di Firenze (2008,
2009, 2010, 2011, 2012), depurando quest’ultimo della TIA sia in entrata che in uscita (86
milioni di euro), inserita nel consuntivo 2012 a seguito di sentenze della Corte
Costituzionale e della Corte di Cassazione, allo scopo di rendere statisticamente omogeneo
il confronto, risulta che, in valori monetari aggiornati al 2013 secondo i coefficienti di
rivalutazione monetaria dell’Istat, la situazione è la seguente:
• la pressione finanziaria su ogni cittadino fiorentino è passata da 952,90 euro (2008) a
1309,17 (2012), con un aumento del 37,4%;
• nello stesso periodo la spesa corrente pro-capite è passata da 1.467,36 euro a 1.296,82 con
una diminuzione dell’11,6%;
• gli investimenti in opere pubbliche sono crollati dell’88,6%, con tutti i riflessi che ciò
composta, non solo in termini di infrastrutture necessarie: edilizia scolastica, arredo
urbano, verde pubblico attrezzato, impianti per attività collettive, viabilità, parcheggi,
ecc., ma anche in termini di occupazione;
• i trasferimenti dello Stato sono diminuiti dal 2008 al 2012 quelli correnti del 94,6%, quelli
di capitale del 99,6%.
Da questi semplici numeri è evidente che i cittadini fiorentini, ma l’analisi potrebbe essere
compiuta per ogni comune senza grandi differenze nei risultati, hanno pagato di più per
avere di meno, ossia hanno pagato per rientrare nei parametri europei, non per migliorare
e ampliare i servizi comunali.
L’ANCI ci ricorda inoltre che in 8 anni (dal 2007 al 2014) i comuni hanno perso
complessivamente 16 miliardi di euro di risorse per effetto dei tagli operati dalle diverse
manovre finanziarie e del patto di stabilità interno.
Gli enti locali sono il settore più falcidiato dell’intero comparto pubblico, nonostante che la
spesa dei comuni sia solo il 7,6% di quella complessiva della pubblica amministrazione e il
loro debito solo il 2,5%.
Le nostre proposte possono quindi essere riassunte in questi punti:
1. Proponiamo prima di tutto che i comuni sulla base del proprio ruolo politico e le
loro associazioni (Anci, Lega delle Autonomie) diano avvio ad una campagna
politica nei confronti del governo e del parlamento, attivandosi anche per
sollecitare la Regione a formulare una proposta di legge in base a 2° paragrafo
dell’art. 121 della Costituzione, per un completo riordino della fiscalità locale, che
faccia perno sull’istituzione di una patrimoniale sulle grandi ricchezze mobiliari e
immobiliari, che sostituisca parte degli attuali tributi comunali quali ad esempio
l’Imu, che colpisce indiscriminatamente i cittadini, indipendentemente dal valore e
dall’uso del bene posseduto.
2. Ugualmente è necessaria un’azione decisa delle autonomie locali per il
superamento dei vincoli imposti dal patto di stabilità interno, allo scopo
soprattutto di rilanciare gli investimenti e consentire ai comuni di rispondere
appieno alle necessità presenti nei loro territori.
3. Introduzione di elementi di progressività nella fiscalità locale, sulla base di quanto
hanno già fatto alcuni comuni con l’introduzione degli scaglioni di reddito per
l’addizionale Irpef;
4. Introdurre una soglia di esenzione dal pagamento di tributi locali in maniera tale da tutelare i
redditi più deboli o coloro che non hanno garantito un reddito fisso, prendendo a base
quanto stabilito dall’Istat per la definizione del concetto di “soglia di povertà assoluta”;
5. Riformulare i criteri per la definizione dell’ISEE escludendo comunque dal calcolo le
prestazioni sociali sottoforma di contributo economico, detraendo il contributo versato dalla
famiglia per altre prestazioni sociali, aggiornando tempestivamente in base a modificate
condizioni (cassa integrazione, disoccupazione..).
6. Definire un “paniere” di servizi: assistenza sociale, integrazione al reddito, diritto allo
studio, servizi all’infanzia, contributi all’affitto, non autosufficienza, servizi agli anziani,
trasporto pubblico locale, sui quali non si possano operare tagli di bilancio senza
obbligatorie verifiche delle condizioni sociali del territorio e sulla presenza di disagio
sociale.
7. Decisamente contrari alle Unioni di Comuni quando queste non sono preliminari ad una loro
fusione, ritenendo gli enti di 2° grado un’inutile burocratizzazione e un’ulteriore limitazione
di democrazia, siamo tuttavia favorevoli alle gestioni associate per la gestione di determinati
uffici e servizi sulla base di convenzioni paritarie fra gli enti, allorquando ciò sia giustificato
da economie di scala, sia alternativo alla esternalizzazione e mantenga in essere livelli
occupazionali e diritti dei lavoratori.
PER CITTA’ E PAESI APERTI E SOLIDALI, PER UNA SICUREZZA COLLETTIVA
FONDATA SULLA CONVIVENZA CIVILE E L’ACCOGLIENZA.
Come le piene dell’Arno di quando in quando montano le campagne sulla sicurezza. Sfruttando
abilmente l’insicurezza sul proprio futuro generata dalla crisi economica si fa della paura un’arma
politica, facendo del “diverso”: l’uomo di un altro colore della pelle, di un’altra cittadinanza, di
un’altra religione, il “nemico” da allontanare per tornare ai tempi “felici” di una falsa sicurezza
individuale.
Nell’esercizio interessato a fini di consenso politico di questo genere di campagne, i razzisti
conclamati e gli exonofobi dichiarati sono meno pericolosi, perché facilmente individuabili, degli
insinuatori professionali di paure, che spesso dopo aver condotto campagne fintamente “oggettive”
sulla pericolosità di una “incontrollata” presenza straniera e fattisi portavoce di una richiesta
“popolare” di “legge e ordine” (basti pensare a tutta la questione delle moschee), si fanno portavoce
del “dolore” allorquando si verificano fatti delittuosi come l’assassinio di due cittadini senegalesi e
il ferimento di altri tre da parte di un frequentatore di Casapound.
Naturalmente le campagne per la “quiete e la sicurezza pubblica” si fanno meno intensive quando
sono in gioco corposi interessi consolidati nel campo del commercio e del turismo, come insegna la
vicenda della cosiddetta “movida” fiorentina.
Su queste questioni si gioca una partita importante di consenso pubblico. Or non è molto tempo che
è stato annunciata l’assunzione di 100 vigili urbani per garantire una maggiore sicurezza ai
fiorentini, che sommati ai 956 dipendenti dalla Direzione del Corpo di Polizia Municipale
vorrebbero dire un rapporto di 1 addetto ogni 347 residenti, Los Angeles per fare un esempio ha un
rapporto di 1 agente ogni 426 abitanti e lì il dipartimento cittadino di polizia riassume i compiti che
da noi sono suddivisi fra Polizia di stato, Arma dei Carabinieri e Polizia Municipale.
Proponiamo:
1. Garantire la piena vivibilità e la totale agibilità delle città senza ricorrere a logiche
securitarie imitatrici dell’una e dell’altra, garantendo a tutti e tutelando da appropriazioni
improprie legate ad interessi privati ogni spazio pubblico e di uso collettivo presente nel
tessuto urbano.
2. Garantire, senza porre limitazioni speciose, il pieno esercizio della propria matrice culturale
e religiosa e la possibilità di avere propri luoghi di riunione e di culto, fatto salvo il principio
di laicità dello Stato.
3. Ricondurre il ruolo del Corpo di Polizia Municipale al suo ruolo di istituto: osservanza dei
regolamenti comunali, sicurezza stradale e del traffico, accertamento di reati ambientali e
urbanistici, annonari, protezione civile, ecc, rifiutando ogni logica da “multificio” o da
surrogato “concorrenziale” dei corpi di polizia dipendenti dallo Stato.
4. Garantire a tutto il territorio comunale, comprese quindi le estreme periferie e le frazioni, la
presenza di nuclei di polizia municipale e di altri uffici e servizi comunali, per offrire ai
cittadini un servizio quanto più di prossimità.
5. Censire tutte le situazioni di barriere architettoniche e urbanistiche che si frappongono al
pieno utilizzo della città da parte di cittadini diversamente abili, degli anziani, delle persone
comunque non autosufficienti, allo scopo di redigere un programma di abbattimento dei
diversi tipi di barriera da attuarsi in tempi certi, nonché impedire che se ne formino di nuovi,
regolamentando ad esempio tutti gli aspetti relativi all’occupazione permanente di aree e
spazi pubblici.
6. Dare vita ad un vero e proprio “servizio di mediazione culturale” fra cittadini autoctoni e
stranieri e fra le diverse componenti della comunità straniera, per prevenire l’insorgere di
conflittualità dovute ai diversi approcci ai problemi relazionali o ad incomprensioni dovute
alla lingua ed alle diverse tradizioni culturali.
7. Istituire parcheggi e percorsi pedonali o ciclabili protetti, nonché speciali corse dei mezzi
pubblici per le donne che volessero usufruire della città, secondo i loro liberi interessi e
inclinazioni in piena sicurezza, per evitare qualsiasi tipo di molestia, anche quando questa
non assuma forma aggressiva.
8. Istituire uno speciale ufficio comunale che si faccia carico, coordinando la propria attività
con quella di altri soggetti pubblici, di prevenire la violenza sulle donne, anche in ambito
privato, o di poter intervenire tempestivamente quando questa disgraziatamente si verifichi,
offra sostegno alle vittime sotto tutti gli aspetti, da quelli psicologici a quelli legali.
PER IL DIRITTO ALL’ISTRUZIONE E ALLA CONOSCENZA, PER UNA SCUOLA
PUBBLICA E LAICA, PER IL GOVERNO PUBBLICO DEI SERVIZI ALL’INFANZIA.
L’istruzione pubblica è un servizio essenziale per l’intera collettività, senza il quale sarebbe del
tutto inutile parlare di crescita civile, la partecipazione democratica è una parola senza senso se non
è basata su un’ampia e capillare diffusione della cultura e della conoscenza, nonché sulla facoltà
concessa a tutti di accedervi liberamente senza ostacoli o limitazioni di censo o altro.
A questo scopo via via che lo Stato moderno andava allargando le sue basi sociali, ed anche va
detto per le esigenze imposte da un sistema produttivo che esigeva più ampie conoscenze che nel
passato, l’istruzione pubblica è andata assumendo un ruolo sempre più importante nell’attività e
nell’economia dello Stato centrale e degli enti locali.
La frequenza scolastica è andata sempre più assumendo un carattere di massa, soprattutto dopo
l’istituzione nei prima anni ’60 della scuola materna statale e della scuola media unificata e dalla
trasformazione dei servizi scolastici (tempo pieno prima, prolungato, ecc, mense scolastiche,
trasporto, ecc.) da servizio prettamente assistenziale per gli strati più poveri a servizio per il diritto
allo studio. Analoga trasformazione culturale è andata fortemente caratterizzando nel tempo i
servizi all’infanzia.
In questa trasformazione, da assistenza a diritto, un ruolo fondamentale hanno avuto i comuni, così
che la scuola pubblica è ancora, nonostante tutto, un saldo presidio di democrazia, di pluralismo, di
convivenza e di laicità.
Proprio per questo suo essere presidio democratico la scuola pubblica è oggi sotto attacco, da un
lato da parte dei poteri economici e finanziari che tendono a ristabilire la divisione di un tempo fra
la formazione delle elite dirigenti e quella delle masse popolari; dall’altro da chi mal sopporta la
crescita di una società pluralista, secolarizzata e laica, e tenta quindi di ristabilire antichi e
anacronistici steccati fra cittadini.
Oltre a questo sussistono ancora sacche di evasione e dispersione scolastica, mentre fra la
popolazione italiana si registra un diffuso “analfabetismo di ritorno” ovvero l’incapacità di molti di
padroneggiare a sufficienza gli strumenti per una piena conoscenza dei propri diritti, come ha
rivelato una recente inchiesta del prof. Tullio de Mauro.
Sulla base di queste considerazioni proponiamo:
1. Le risorse pubbliche debbono essere destinate prioritariamente (oppure usare il termine in
via esclusiva) alla scuola pubblica (statale e comunale), nel pieno e totale rispetto del 3°
paragrafo dell’articolo 33 della Costituzione, evitando ogni surrettizia forma di
finanziamento.
2. Al tempo stesso va garantita la piena libertà di scelta da parte dei cittadini, assicurando la
più ampia diffusione sul territorio delle scuole statali di ogni ordine e grado e l’adeguata
offerta di posti, in maniera da non costringere i cittadini al ricorso alla scuola privata per
necessità e non per libera scelta; per questi motivi va rifiutato ogni dimensionamento
scolastico che comprometta questa garanzia.
3. Provvedere al generale miglioramento dell’edilizia scolastica, sia con la costruzione di
nuove e più adeguate strutture scolastiche, sia con la messa in sicurezza degli edifici
scolastici esistenti e l’adeguamento dell’impiantistica e delle strutture alle norme vigenti in
materia di tutela della salute degli utenti e dei lavoratori.
4. Apertura delle strutture scolastiche al territorio, affinché costituiscano realmente un presidio
per l’intera popolazione, con lo svolgimento di attività culturali, sociali e sportive dirette
anche alla popolazione non scolastica.
5. Rilancio e potenziamento delle attività di educazione permanente e degli adulti, per non far
perdere dimestichezza con gli strumenti della conoscenza e dell’agire sociale anche da parte
di persone che hanno lasciato da tempo o abbandonato precocemente la scuola e per offrire
ai numerosi cittadini stranieri un’occasione per inserirsi nella società italiana.
6. Destinare risorse all’ampliamento dell’offerta formativa dei diversi istituti, sia per evitare il
ricorso all’autofinanziamento da parte delle famiglie e degli studenti, pratica ormai
consolidata in alcune realtà, che produce una precoce divisione fra chi può e chi non può; sia
per garantire la necessaria integrazione con la formazione curricolare.
7. Portare il numero dei posti nido comunali ad un livello tale (almeno un terzo della
popolazione residente 0-2 anni) da azzerare le liste d’attesa che si registrano in diversi
comuni, fra i quali quello di Firenze.
8. Limitare l’appalto dei servizi comunali all’infanzia a situazioni strettamente necessarie sulla
base di oggettive motivazioni e solo in via temporanea fino al superamento delle
contingenze che si sono verificate.
9. Garantire a parità di prestazioni parità di tariffe fra nidi comunali e nidi convenzionati sulla
base del punto precedente.
10. Assicurare una gestione pubblica dei servizi culturali (biblioteche, musei, raccolte, ecc.),
impiegando in questi personale direttamente dipendente dal comune, sia per garantire il
principio “uguale lavoro, uguale salario”, sia la professionalità necessaria a questi servizi
che non può che essere assicurata da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
11. Decentramento delle attività culturali, promuovendo così la crescita del pubblico delle
diverse attività (musica, opera, teatro, cinema, …), anche attraverso un ruolo
“metropolitano” del Maggio Musicale e di altre istituzioni culturali fiorentine, magari in
luogo di prestigiose, ma costose tournée all’estero.
12. Censire e porre il vincolo di destinazione su tutte le strutture esistenti, siano esse in uso o
meno, allo scopo di recuperarle alla piena fruibilità del pubblico ed alla loro funzione
essenziale sul territorio.
13. Istituire un archivio delle produzioni culturali giovanili dove conservare tutta la produzione
culturale che il territorio esprime, e che in quanto non prodotta per il mercato culturale
spesso viene dispersa, anche quando esprime una qualità di alto livello.
LO STATO SOCIALE: I COMUNI DEVONO TORNARE PROTAGONISTI.
Le autonomie locali hanno un ruolo decisivo nello stato sociale, soprattutto nella gestione di quei
servizi per i quali la prossimità del gestore è fondamentale, ad esempio i servizi agli anziani, il
sostegno alla non autosufficienza.
Tuttavia questo concetto si è andato attenuando, sia per il ricorso massiccio al cosiddetto “privato
sociale” in nome della “sussidiarietà”, sia per l’affidamento di molti servizi ad organismi come le
Società della Salute, sia infine per un massiccio ritorno alla “monetizzazione” del disagio in
sostituzione di servizi e di iniziative pubbliche sempre più in difficoltà, anche in ragione dei tagli
agli enti locali, a far fronte alle nuove aumentate esigenze di intervento sociale: invecchiamento
della popolazione, aumento della povertà relativa e assoluta, crescita di lavoratori poveri, soggetti
che pur essendo inseriti nel tessuto produttivo faticano ad arrivare alla fine del mese, immigrazione,
donne sole con figli, ecc.
E’ chiaro che noi non proponiamo affatto di rinunciare a forme di intervento economico per
sostenere economicamente i soggetti deboli, ma i comuni non possono adagiarsi solo su questo
aspetto bensì dare concreta attuazione ad una politica di sicurezza sociale.
La “monetizzazione” del disagio sociale tende per sua natura a stabilizzare una condizione, una vera
politica sociale deve tendere invece ad ridurre ed eliminare il disagio.
Sotto questo aspetto è d’esempio il caso dei contributi all’affitto, per i quali oltretutto i fondi
disponibili non bastano mai, una vera politica per la casa dovrebbe tendere a “dare una casa” non ad
elargire elemosine.
Il concetto classico di stato sociale è che i servizi erogati, a prezzo politico o gratuiti, costituiscono
“salario erogato sotto altra forma” e contribuiscono in maniera non secondaria all’innalzamento del
reddito familiare.
Ecco in definitiva la differenza tra “stato assistenziale” e “stato sociale”.
Sulla base di questo concetto generale, proponiamo:
1. Ricondurre il governo della sicurezza sociale ad un governo unitario, su base comunale o per
gruppi omogenei di comuni, superando l’attuale frammentazione fra SdS, ASP, e altri
soggetti, da porre sotto il controllo e la vigilanza dei comuni, ai quali va affidata la
responsabilità politica della programmazione dei servizi, lasciando agli apparati
tecnico/amministrativi la sola attuazione dei programmi.
2. In questo senso riteniamo superata l’esperienza delle Società della Salute, a meno che esse
non assumano un ruolo prettamente consortile assorbendo ogni altra forma di gestione.
3. Definire con chiarezza tutti quegli aspetti sociali al confine con il sanitario, affinché questi
siano considerati prosecuzione di questo e come tali trattati e finanziati.
4. Dare vita ad un piano, concordato fra i comuni, di Investimenti pubblici nel settore delle
strutture di ricovero per anziani (Rsa, Residenze protette, centri diurni, …) per rompere il
monopolio esercitato dai privati, anche allo scopo di calmierare tariffe che hanno raggiunto
livelli insostenibili.
TRASPORTO PUBBLICO LOCALE UN SERVIZIO STRATEGICO PER L’AREA
FIORENTINA E PER L’INTERA PROVINCIA.
La privatizzazione di Ataf è stato l’ennesimo passo sulla mercificazione di servizi essenziali, è nella
natura delle cose che l’azienda privatizzata operi per la realizzazione di un profitto, da realizzarsi a
carico degli utenti con il costo del biglietto o del pubblico con il trasferimento di risorse.
Per questi motivi è necessario, non solo ribadire la nostra totale contrarietà alla privatizzazione di
Ataf, ma anche al fatto che rimane per noi ancora in piedi l’obiettivo di avviare un processo di
inversione con la ripubblicizzazione dell’azienda, sulla base delle considerazioni già svolte in
merito alla gestione dell’acqua.
Il trasporto nell’area fiorentina e nella provincia è un aspetto di grande importanza, tutte le mattine
migliaia di pendolari si muovono per motivi di lavoro e di studio, assicurare il diritto alla mobilità
non è solo una questione di principio, è una evidente e chiara necessità per tutto il nostro tessuto
produttivo.
Senza un efficiente servizio di trasporto pubblico locale l’intera economia provinciale verrebbe a
soffrirne.
Noi siamo altresì convinti che il mezzo collettivo possa prevalere su quello privato, solo se viene
percepito dai cittadini come più economico e più efficace nell’assicurare la mobilità nel traffico
cittadino.
Ecco perché noi formuliamo queste proposte:
1. Preferiamo che una gestione del trasporto pubblico locale basata su bacini omogenei, da
definirsi secondo le esigenze e la particolarità dei diversi territori, anziché sulla base di
un’unica gara regionale.
2. E’ necessaria una vera integrazione fra ferro e gomma, superando gli elementi di
duplicazione e di concorrenzialità fra i due vettori, attraverso lo svolgimento di ruoli
complementari: la gomma che porta al ferro.
3. Definire una nuova politica tariffaria , che superi le diversità esistenti fra ferro e gomma
(2,50 euro col treno da Signa a Firenze, 1,20 euro con il bus della linea 72), superando le
incongruenze tariffarie che portano molti a non aderire a Pegaso.
4. Al tempo stesso è necessario garantire il servizio di trasporto pubblico locale anche come
servizio sociale, nell’immediato sospendento qualsiasi aumento dei titoli di viaggio, nel
futuro attraverso una tariffazione differenziata e articolata sulla base degli effettivi bisogni
di mobilità nelle diverse fasce orarie.
5. Pieno utilizzo delle linee e delle fermate esistenti nell’area metropolitana, ora in gran parte
sottoutilizzate, per il trasporto metropolitano.
6. Superare la frammentazione aziendale riportando tutte le funzioni ausiliarie del trasporto
(manutenzione, …) nell’ambito di un unico soggetto, aggregando a questo anche le società
di servizio alla sosta e alla strada.
7. Tutelare in ogni caso le zone deboli della provincia dove il ricavo del servizio è minimo, ma
le necessità di trasporto pubblico ugualmente presenti.
IL SOTTOATTRAVERSAMENTO TAV DI FIRENZE: UN’ALTERNATIVA E’
NECESSARIA PER EVITARE DANNI AMBIENTALI E SPRECO DI DENARO
PUBBLICO.
Come scrissero Totò e Peppino alla Malafemmina: “775 milioni di euro e scusate se sono pochi”,
perché a tanto ammontano i costi “stimati”, ma molto al di sotto della realtà, per la realizzazione del
sottoattraversamento di Firenze.
Ai danni ambientali, ai disagi della cantierizzazione, si aggiunge un costo insostenibile per
le finanze pubbliche, ma che evidentemente i custodi italiani dell’ortodossia finanziaria
europea non ritengono di dover censurare.
In realtà noi siamo in presenza di una “cultura dell’opera pubblica” tutta italiana, che vede
solo gli interessi economici e gli ingenti capitali che essa muove piuttosto che i concreti
risultati pratici dell’investimento.
Tutte queste risorse potrebbero essere più utilmente impiegate per migliorare il sistema
ferroviario fiorentino e toscano che di interventi avrebbero estremo bisogno, sia per
quanto riguarda la rete che il materiale rotabile.
E’ su queste considerazioni di buon senso che noi proponiamo:
1. Siamo ancora in tempo per realizzare un passaggio in superficie della tratta cittadina della
TAV, oltretutto più conveniente sotto il profilo economico e dei tempi necessari, come
scelta immediata e possibile.
2. Utilizzazione delle risorse recuperate (775 milioni di euro secondo il contratto di appalto,
oltre 3 miliardi secondo le previsioni) per il miglioramento di tratte importanti del trasporto
ferroviario regionale: raddoppio Empoli-Siena, Faentina, collegamento Signa – Prato.
GESTIONE DEI RIFIUTI: TRASFORMARLA DA PROBLEMA DA PROBLEMA A
RISORSA E’ POSSIBILE.
Una tipica espressione fiorentina recita: “bruciare tovaglioli per far cenere”, indicando con
questo una tendenza allo spreco inutile e improduttivo.
In definitiva però questo è il concetto che presiede alla realizzazione degli inceneritori,
l’impianto previsto a Case Passerini dovrebbe smaltire circa 400 tonnellate di rifiuti al
giorno, 146.000 annue. In questa maniera andranno letteralmente in fumo 5,2 milioni di
euro di carta, secondo le quotazioni di Assocarta calcolata sulla composizione
merceologica dei rifiuti dell’area fiorentina.
Lo spreco però non è il solo aspetto negativo, l’impatto ambientale è devastante, ormai è
dimostrato che nelle aree dove insistono inceneritori, o più eufemisticamente
termovalorizzatori, l’incidenza di gravi patologie e più alta che altrove, in gran parte
dovuta all’emissione di fumi provenienti dalla combustione di metalli pesanti.
A ciò si aggiunge anche il fatto che l’incenerimento lascia un residuo pari al 25%/38% dei
rifiuti trattati, così che non viene eliminata la necessità delle discariche, per Case Passerini
una necessita pari a 36.500/55.500 tonnellate annue.
La nostra contrarietà all’inceneritore, non solo a quello di Case Passerini, non è un
problema di vicinanza del problema, ma a tutti gli inceneritori.
Noi proponiamo un’alternativa credibile e praticabile:
1. Agire prima di tutto alla fonte del problema, mettendo in piedi attraverso appositi
regolamenti e convenzioni forme alternative di distribuzione di determinati
prodotti, anche di largo consumo, senza la necessità di ricorrere a imballaggi
difficilmente smaltibili.
2. Proponiamo di modificare i regolamenti di ammissione in discarica in modo da
ridurre il numero dei rifiuti cosiddetti assimilabili, riportandoli alla loro natura di
rifiuti speciali da smaltire in altro modo.
3. Attuare una raccolta differenziata spinta, (nota qui rimane da capire come si possa
istituire la tariffa puntuale nell’ambito della nuova Tasi) con l’obiettivo immediato
del raggiungimento del 65% di R.D. e ponendo l’obiettivo concreto del 100%.
4. Mettere in piedi, con il sostegno e l’intervento pubblico, una filiera del riciclo,
capace di recuperare risorse e di garantire occupazione.
5. Infine realizzare per la parte residua impianti di trattamento a freddo, che oltretutto
hanno il vantaggio di ridurre l’esigenza di discariche diversamente dagli
inceneritori.
GESTIONE DEL TERRITORIO E DELLE TRASFORMAZIONI URBANE, AMBIENTE,
PAESAGGIO, MAI PIU’ CASE SENZA CITTADINI E CITTADINI SENZA CASA.
Se l’amministrazione provinciale di Firenze, nell’ambito della redazione del nuovo Piano
Territoriale di Coordinamento Provinciale, ha sentito l’esigenza di produrre uno studio sul
consumo di suolo e sulla produzione urbanisti nei Comuni della provincia, è evidente che
questo tema comincia a farsi largo anche in chi finora si è dimostrato indifferente o
inadempiente.
Un cittadino comune, del tutto digiuno di urbanistica, che viaggiasse da Pistoia a Firenze
potrebbe rendersi conto di come l’intera area sia stata pesantemente cementificata, non
solo con l’edilizia civile, ma anche con quella produttiva, commerciale, direzionale e con le
grandi infrastrutture.
Non solo il suolo naturale si riduce ed aumenta il suolo artificializzato, con tutto ciò che
esso comporta in termini di ambiente e difesa del suolo, ma anche si distribuiscono sul
territorio funzioni pesanti in termini urbanistici una dietro l’altra, sulla base dell’unico
criterio del marketing territoriale, ovvero la facilitazione a cementificare anche attraverso
l’attenuazione delle tutele urbanistiche che ormai vengono del tutto subordinate al
mercato, che in queste occasione disegna e attua, nel senso vero e proprio, un’idea di città
a proprio uso e soprattutto consumo.
Per questo la definizione di città come bene comune centra appieno l’idea che noi
abbiamo della città e territorio, che è per noi bene di tutti, indisponibile alla speculazione e
ai giochi finanziari della rendita, che in questo caso è definibile esattamente come
parassitaria, in quanto realizza un utile senza neanche temere il rischio d’impresa, solo e
soltanto in virtù del semplice possesso.
Per questo proponiamo:
1. Un’idea di piano strutturale e di regolamento edilizio che stabiliscano in maniera tassativa
confini invalicabili fra il territorio ancora aperto e quello già urbanizzato, trovando in
quest’ultimo le soluzioni per le necessità delle diverse tipologie edili.
2. Dimensionare i piani secondo criteri di effettiva disponibilità di risorse del territorio,
procedendo prioritariamente alla ricognizione dell’esistente che può essere utilmente
recuperato, stabilendo una ripartizione delle previsioni che veda la nuova edificazione come
misura straordinaria in assenza di aree recuperabili.
3. Stabilire norme per il dimensionamento dei piani strutturali, che tengano conto della
pressione urbanistica e del consumo di suolo realizzati nelle diverse zone, allo scopo di
riequilibrare il territorio e di salvaguardare questo bene comune, preservando zone ancora
integre sotto il profilo ambientale e paesaggistico.
4. Stabilire che il recupero deve sempre avvenire a parità di volumi (superfici) coll’esistente,
meglio ancora se il recupero avviene lasciando una parte di questi volumi (superfici) a
destinazione pubblica: verde, parcheggi, attrezzature collettive.
5. Fissare norme tassative per il frazionamento, come il numero minimo accettabile di s.u.l.,
allo scopo di evitare che la speculazione uscita dalla porta rientri dalla finestra.
6. Definire norme per il risparmio energetico e per l’efficienza energetica degli edifici.
7. Stabilire dotazioni di spazi verdi, parcheggi pubblici e strutture di interesse comune (i
cosiddetti standard urbanistici), anche in misura superiore a quelli fissati dal DM 1444/68,
che tenga conto di una equa distribuzione sul territorio comunale recuperando il deficit di
alcune zone, in maniera da consentire la piena fruibilità senza l’uso di mezzi di trasporto
(standard di quartiere, criterio della distanza minima da percorrere a piedi).
8. Per quanto riguarda l’aeroporto di Peretola, per le sue implicazioni ambientali, la vicinanza
con altre strutture “pesanti”, riteniamo decisiva una valutazione attenta soprattutto sui corpi
idrici esistenti.
9. Forestazione urbana, praticata dagli enti locali, è un contributo importante per contrastare i
cambiamenti climatici, insieme alle politiche urbane per la diminuzione delle emissioni di
gas, chiediamo pertanto che essa sia assunta come elemento fondamentale.
10. Definire tempi congrui fra Piano Strutturale e Regolamento Urbanistico, allo scopo di
evitare che il R.U.C. “mangi” anzitempo le previsione del P.S. inducendo alla necessità di
ampliamenti del dimensionamento fuori dalle previsioni approvate.
11. Il patrimonio immobiliare pubblico deve essere reso indisponibile alla cessione a privati
ogniqualvolta sia possibile un utilizzo a carattere sociale, i proventi delle eventuali cessioni
devono essere utilizzati per la ricostituzione del patrimonio pubblico, in ogni caso la
cessione non può essere accompagnata dalla “cessione di vincoli urbanistici”.
IL LAVORO PRIMA DI TUTTO.
Il tema del lavoro è ultimo in questi appunti, ma al primo posto nella nostra iniziativa
politica.
E’ noto che i comuni hanno scarso potere in materia, a differenza della provincia ed è
anche per questo che ne deprechiamo la soppressione dell’elettività, tuttavia i comuni
hanno dallo loro parte tre elementi fondamentali: sono anch’essi dei datori, possono
svolgere un ruolo, politico, gestiscono il territorio.
Partendo proprio da quest’ultimo punto, proponiamo:
4. Fissazione di vincoli di destinazione urbanistica su tutte le aree destinate ad attività
produttiva per un certo numero di anni, ad esempio per tutta la durata di un piano strutturale,
alo scopo di scoraggiare delocalizzazioni favorite da volontà speculative.
5. Mettere tutto il peso politico dei comuni a sostegno di vertenze aziendali, senza trincerarsi in
un ruolo “neutrale” nelle questioni aperte per la difesa, la tutela e l’affermazione dei diritti
dei lavoratori, per il salario, l’orario, l’occupazione.
6. Dare vita in forma associata con altri comuni, sotto le diverse fattispecie previste dalla
legge, ad un organismo capace offrire sbocchi occupazione in interventi mirati alla difesa
del territorio, del paesaggio, dell’ambiente, del recupero dei beni culturali, … .
7. Favorire forme di auto imprenditorialità collettiva nella gestione degli interventi di cui al
punto precedente, offrendo a questi soggetti tutte le facilitazioni previste per l’imprenditoria
privata.
8. Come datore di lavoro il comune deve dare l’esempio rinunciando a tutte le forme di lavoro
atipico e precario nelle aziende o società partecipate;
9. Condizione essenziale per l’erogazione a qualsiasi titolo di contributi comunali, la
definizione di strumenti urbanistici attuativi, l’affidamento di appalti per opere e servizi e di
ogni altra iniziativa a favore delle imprese è il mantenimento dei livelli occupazionali il
lavoro stabile.
10. Piena collaborazione della polizia municipale a tutte le attività di monitoraggio e di controllo
sulla sicurezza e la salute dei lavoratori e contro il lavoro nero.
PARTITO della RIFONDAZIONE COMUNISTA
Federazione di Firenze
ELEZIONI
EUROPEE
E
COMUNALI
2014
Le elezioni per i deputati italiani al parlamento europeo si terranno sabato 24 e domenica
25 maggio 2014; con tutta probabilità le elezioni amministrative si terranno negli stessi
due giorni.
Le liste dei candidati dovranno essere quindi necessariamente presentate Giovedì 24
aprile dalle 8 alle 20 e Venerdì 25 aprile dalle 8 alle 12, a meno che non intervengano
disposizioni diverse per la concomitanza del termine ultimo per la presentazione con la
Festa della Liberazione.
Sono state introdotte dal 2009 una serie di modifiche alla legge elettorale ed alla
composizione degli organi, che hanno una loro influenza politica e procedurale che è bene
richiamare:
1. RIDUZIONE DEL NUMERO DEI CONSIGLIERI COMUNALI E DEGLI
ASSESSORI.
• con la L. 23.12.2009 n. 191 e il D.L. 25.01.2010 n. 2 è stato ridotto di un quinto il
numero dei consiglieri assegnati a ciascun comune, oltre al numero degli
assessori che non possono superare il quinto dei consiglieri assegnati al comune;
• con la L. 14.09.2011 n. 148 il numero dei consiglieri dei comuni inferiori a 10.000
abitanti è stato ulteriormente ridotto.
2. RIEQUILIBRIO DELLA RAPPRESENTANZA DI GENERE.
• Per i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti l’unica previsione di
riequilibrio di genere e9 contenuta, di fatto, nell’articolo 2, comma 1, lettera c),
numero 1), della legge n. 235 del 2012 che – aggiungendo il comma 3-bis
all’articolo 71 del d. lgs. n. 267 del 2000 – enuncia, al primo periodo, il principio
secondo cui « Nelle liste dei candidati e9 assicurata la rappresentanza di entrambi i
sessi ». La legge, tuttavia, non prevede misure sanzionatorie a carico delle
liste che non assicurano la rappresentanza di entrambi i sessi.
• Per i comuni con popolazione tra i 5.000 e i 15.000 abitanti, sono previste
disposizioni più stringenti: viene, infatti, definita una quota massima di candidati
del genere piu9 rappresentato in ciascuna lista pari a due terzi dei candidati
(ammessi) della stessa lista. Qualora ciò non fosse la commissione elettorale
circondariale (ovviamente dopo aver effettuato gli altri accertamenti di legittimita9 di
liste e candidati previsti dalla legge) verifica il rispetto della suddetta previsione
sulle quote di genere cancellando (partendo dall’ultimo della lista) i nomi dei
candidati appartenenti al genere rappresentato in misura eccedente i due terzi dei
candidati; fino ad arrivare alla proporzione prevista dalla legge (non piu9 di due
terzi, non meno di un terzo); tuttavia la riduzione dei candidati non puo1, in
ogni caso, determinare un numero complessivo degli stessi inferiore al
minimo prescritto per l’ammissione della lista medesima e, dunque, la
suddetta riduzione deve arrestarsi nel momento in cui la lista ha raggiunto
tale numero minimo di candidati. Tale norma risponde all’esigenza di
conservazione della candidatura del sindaco che, altrimenti, essendo collegata a
un’unica lista.
• Per i comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti la procedura è
analoga a quella prevista per i comuni con popolazione fra i 5.000 e i 15.000
abitanti, ma qualora la riduzione effettuata sulla lista per il raggiungimento
della quota prevista (almeno 1/3) per il riequilibrio della rappresentanza di
genere, comportasse la riduzione delle candidature ad un numero inferiore a
quello minimo previsto, la lista è ricusata.
Niente è stato innovato rispetto al numero di firme necessarie per la presentazione delle
candidature a sindaco e delle liste, mentre per i soggetti i soggetti abilitati all’autentica
delle firme dei sottoscrittori sono state fornite alcune precisazioni.
La Prefettura di Firenze, con propria circolare (Fasc. n. 8881/2013 Area II S.E.) del 6
agosto 2013, conferma che possono autenticare le firme dei sottoscrittori, sulla base
dell’art.14, comma, 1 della legge 21 marzo 1990, n. 53, i seguenti soggetti:
a. i notai;
b. i giudici di pace;
c. i cancellieri e i collaboratori delle cancellerie delle corti d’appello, dei
tribunali e delle sezioni dei tribunali;
d. i segretari delle procure della Repubblica;
e. i presidenti delle province;
f. i sindaci;
g. gli assessori comunali;
h. gli assessori provinciali;
i. i presidenti dei consigli comunali;
j. i presidenti dei consigli provinciali;
k. i consiglieri provinciali che abbiano comunicato in data anteriore la
propria disponibilita1 al presidente della provincia;
l. i consiglieri comunali che abbiano comunicato in data anteriore la
propria disponibilita1 al sindaco del comune;
m. i presidenti e vice presidente dei consigli circoscrizionali;
n. i segretari comunali;
o. i segretari provinciali;
p. i funzionari incaricati dal sindaco;
q. i funzionari incaricati dal presidente della provincia.
La circolare ribadendo che ciascun soggetto è autorizzato all’autenticazione delle firme
limitatamente alla circoscrizione dell’ente di cui è componente; motivo per cui i
consiglieri comunali possono autenticare le firme solo nel territorio del proprio comune e
quelli provinciali della loro provincia.
Inoltre la circolare precisa che il consigliere comunale deve appartenere ad un comune
funzionalmente interessato alla consultazione elettorale; esempio: i consiglieri
comunali di Rignano sull’Arno o di Reggello possono autenticare le firme per la lista
europea o provinciale se si fossero tenute le elezioni per questo ente, ma non per quella
da presentarsi alle elezioni del Comune di Figline Incisa.
Al momento in cui queste note sono redatte niente è stato cambiato rispetto alla facoltà di
autenticare dei consiglieri provinciali, tuttavia sono pendenti ricorsi in tal senso, motivo per
cui ci terremo e vi terremo informati.
PER QUANTO RIGUARDA LE ELEZIONI EUROPEE le norme vigenti prevedono un
numero di firme per ogni circoscrizione non inferiore a 30.000 e non superiore alle
35.000, di cui almeno il 10% (3.000/3.500) raccolte in ognuna delle regioni componenti
la circoscrizione.
Su questa base in Toscana dovranno essere raccolte fra le 9.500 e le 11.000 firme se
prendiamo a base la popolazione residente, fra le 13.500 e le 15.600 firme se
prendiamo a base gli iscritti al PRC risultati al IX Congresso.
Per la federazione di Firenze si tratta di raccogliere fra le 2.500 e le 3.000 firme nel
primo caso, fra le 3.600 e le 4.200 nel secondo.
Come potete constatare si tratta di affrontare impegni organizzativi non indifferenti
e di realizzare una mobilitazione senza precedenti.
Inoltre la riduzione del numero dei consiglieri, che alza la soglia di sbarramento implicita
rischia di escluderci da alcuni consigli comunali, anche riconfermando il risultato
del 7 giugno 2009, è questo il caso ad esempio di Pontassieve, Castelfiorentino, San
Casciano in Val di Pesa, Fiesole, Montaione; in ogni caso si tratta di non arrenderci e di
batterci con tutte le nostre forze.
A questo punto è opportuno ribadire alcuni punti approvati dal nostro IX Congresso
Provinciale:
“Le elezioni amministrative devono essere quindi affrontate per tempo e con metodo,
evitando ogni improvvisazione politica ed organizzativa, sempre produttrice di una “febbre
da elezioni” che subordina la prospettiva politica generale ad un “politicismo” esasperato,
attribuendo alle alleanze elettorali ogni colpa o ogni merito nel determinare i risultati, a
prescindere dai contenuti e dall’efficacia della nostra iniziativa.
Nell’attuale contesto politico e indispensabile che le elezioni amministrative non siano,
come e spesso successo nel passato, separate da quelle europee, con i circoli impegnati
in maniera convulsa nelle “proprie” elezioni affidando quelle europee alla sola
(scarsissima) presenza mediatica dei dirigenti nazionali, contentandosi poi di tornare ad
affidarsi alla solo presenza istituzionale nel proprio consiglio comunale.
L’indispensabile stretto legame fra elezioni europee e locali e dettato, oltre che da un piu
efficace utilizzo delle nostre forze, dall’evidente connessione fra le politiche dettate
dall’Unione europea, attuate a livello nazionale e imposte infine a livello locale, politiche
che non sono state senza conseguenze: dalla gestione dei servizi pubblici locali al patto di
stabilita interno; dall’aumento dell’imposizione tributaria locale all’estendersi dei
finanziamenti alla scuola privata a danno di quella pubblica; dai tagli alla sanita, ai servizi
sociali ai trasporti, alle politiche di gestione del personale con il blocco del contratto
nazionale e delle assunzione ed il conseguente massiccio ricorso alle esternalizzazioni e a
forme di lavoro atipico e precario.
Per questi motivi le prossime elezioni, europee o amministrative che siano, vanno
affrontate con spirito totalmente nuovo e aperto, non e infatti riproponibile alcuna
esperienza passata, da quella del 2004 a quella piu recente del 2009.”
Per questi motivi è infine necessario fare della campagna per il “PIANO PER IL LAVORO,
L’ECONOMIA ECOLOGICA E SOLIDALE”, l’asse portante di tutte le nostre iniziative,
come a livello fiorentino la petizione per il governo pubblico dei servizi all’infanzia.
Numero consiglieri Numero assessori
Comune
Popolazione
legale
Mandato del
sindaco
uscente
Colore
politico del
sindaco
uscente
Precedente Attuale
Precedente
(massimo)
Attuale
COMUNI SUPERIORI AI 15.000 ABITANTI
SISTEMA ELETTORALE A DOPPIO TURNO CON FACOLTA’ DI APPARENTAMENTO DELLE LISTE
FIRENZE 358.079 Primo Centrosinistra 46 36 12 10
SCANDICCI 49.765 Secondo Centrosinistra 30 24 10 7
SESTO FIORENTINO 47.742 Secondo Centrosinistra 30 24 10 7
EMPOLI 46.541 Secondo Centrosinistra 30 24 10 7
BAGNO A RIPOLI 25.403 Secondo Centrosinistra 20 16 7 5
FUCECCHIO 22.785 Secondo Centrosinistra 20 16 7 5
PONTASSIEVE 20.529 Secondo Centrosinistra 20 16 7 5
LASTRA A SIGNA 18.960 Secondo Centrosinistra 20 16 7 5
BORGO SAN LORENZO 17.854 Secondo Centrosinistra 20 16 7 5
CASTELFIORENTINO 17.489 Primo Centrosinistra 20 16 7 5
SIGNA 17.451 Primo Centrosinistra 20 16 7 5
SAN CASCIANO IN VAL DI PESA 16.883 Primo Centrosinistra 20 16 7
CALENZANO 16.637 Primo Centrosinistra 20 16 7 5
CERTALDO 15.935 Secondo Centrosinistra 20 16 7 5
Caso particolare di fusione di comuni.
Figline Valdarno 16.800 Secondo Centrosinistra 16 5
Incisa Valdarno 6.324 Secondo Centrosinistra 16 5
FIGLINE INCISA 23.124 Entrambi i sindaci sono ricandidabili 16 5
TOTALE 14 COMUNI 715.177 368 284 122 81
COMUNI SUPERIORI AI 15.000 MA SUPERIORI AI 10.000 ABITANTI
SISTEMA ELETTORALE A TURNO UNICO SENZA FACOLTA’ DI APPARENTAMENTO DELLE LISTE
VINCI 14.105 Secondo Centrosinistra 20 16 7 5
FIESOLE 13.990 Secondo Centrosinistra 20 16 7 5
GREVE IN CHIANTI 13.886 Primo Centrosinistra 20 16 7 5
MONTELUPO FIORENTINO 13.653 Secondo Centrosinistra 20 16 7 5
MONTESPERTOLI 13.195 Primo Centrosinistra 20 16 7 5
BARBERINO DI MUGELLO 10.461 Primo Centrosinistra 20 16 7 5
CERRETO GUIDI 10.364 secondo Centrosinistra 20 16 7 5
Caso particolare di fusione di comuni.
San Piero a Sieve 4.240 Primo Centrosinistra 16 6
Scarperia 7.728 Primo Centrosinistra 16 6
SCARPERIA SAN PIERO A SIEVE 11.968 16 5
TOTALE 8 COMUNI 101.622 172 128 61 40
COMUNI INFERIORI AI 10.000 ABITANTI
SISTEMA ELETTORALE A TURNO UNICO SENZA FACOLTA’ DI APPARENTAMENTO DELLE LISTE
VICCHIO 8.117 Primo Centrosinistra 16 10 6 4
TAVARNELLE VAL DI PESA 7.675 Primo Centrosinistra 16 10 6 4
PELAGO 7.509 Primo Centrosinistra 16 10 6 4
RUFINA 7.382 Primo Centrosinistra 16 10 6 4
CAPRAIA E LIMITE 7.298 Secondo Centrosinistra 16 10 6 4
DICOMANO 5.670 Secondo Centrosinistra 16 10 6 4
VAGLIA 5.065 Secondo Centrosinistra 16 10 6 4
GAMBASSI TERME 4.900 Secondo Centrosinistra 16 7 6 3
FIRENZUOLA 4.828 Primo Centrodestra 16 7 6 3
BARBERINO VAL D’ELSA 4.351 Secondo Centrosinistra 16 7 6 3
MONTAIONE 3.776 Secondo Centrosinistra 16 7 6 3
LONDA 1.827 Primo Centrosinistra 12 6 4 2
SAN GODENZO 1.231 Primo Centrosinistra 12 6 4 2
PALAZZUOLO SUL SENIO 1.188 Primo Centrosinistra 12 6 4 2
TOTALE 14 COMUNI 70.817 212 116 78 46
TOTALE GENERALE 37
COMUNI 887.616 752 528 261 167
Hanno votato in precedenza i comuni di CAMPI BISENZIO, REGGELLO, IMPRUNETA, RIGNANO SULL’ARNO E MARRADI.
Numero
candidature
ammesse per la
validità della
lista
Quota minima di
candidature femminili
necessarie per
l’ammissione della lista
Numero di firme
necessario per la
presentazione
della lista
Comune
Numero
consiglieri
Minino Massimo
Sul numero
minimo di
candidature
necessarie
Sulla lista
completa
Minimo Massimo
FIRENZE 36 24 36 8 12 350 700
SCANDICCI 24 16 24 5 8 200 400
SESTO FIORENTINO 24 16 24 5 8 200 400
EMPOLI 24 16 24 5 8 200 400
BAGNO A RIPOLI 16 11 16 4 5 175 350
FIGLINE INCISA 16 11 16 4 5 175 350
FUCECCHIO 16 11 16 4 5 175 350
PONTASSIEVE 16 11 16 4 5 175 350
LASTRA A SIGNA 16 11 16 4 5 100 200
BORGO SAN LORENZO 16 11 16 4 5 100 200
CASTELFIORENTINO 16 11 16 4 5 100 200
SIGNA 16 11 16 4 5 100 200
SAN CASCIANO IN VAL DI PESA 16 11 16 4 5 100 200
CALENZANO 16 11 16 4 5 100 200
CERTALDO 16 11 16 4 5 100 200
FIESOLE 16 12 16 4 5 100 200
GREVE IN CHIANTI 16 12 16 4 5 100 200
MONTELUPO FIORENTINO 16 12 16 4 5 100 200
MONTESPERTOLI 16 12 16 4 5 100 200
SCARPERIA SAN PIERO A SIEVE 16 12 16 4 5 100 200
BARBERINO DI MUGELLO 16 12 16 4 5 100 200
CERRETO GUIDI 16 12 16 4 5 100 200
VICCHIO 10 8 10 3 3 60 120
TAVARNELLE VAL DI PESA 10 8 10 3 3 60 120
PELAGO 10 8 10 3 3 60 120
RUFINA 10 8 10 3 3 60 120
CAPRAIA E LIMITE 10 8 10 3 3 60 120
DICOMANO 10 8 10 3 3 60 120
VAGLIA 10 8 10 3 3 60 120
GAMBASSI TERME 7 6 7 60 120
FIRENZUOLA 7 6 7 60 120
BARBERINO VAL D’ELSA 7 6 7 60 120
MONTAIONE 7 6 7 60 120
LONDA 6 5 6 25 50
SAN GODENZO 6 5 6 25 50
PALAZZUOLO SUL SENIO 6 5 6
Non sussiste l’obbligo
delle quote di genere
25 50